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Non chiudete gli occhi

Non chiudete gli occhi perché stanotte mi ammazzo, per la trecentunesima volta, politicamente, scegliendone una carina, la corda col ciondolo di swarowsky. Con le mie vicende invece di un blog terapeutico io dovrei scrivere una serie di diari come quelli di Anais Nin, forse, scandalisticamente parlando, e traducendo il tutto in pochette di LiuJo, in un mondo di momenti di trascurabile felicità, di femminismo giornalistico sulla difensiva, di estasi culinarie di seminudi efebici raccontati dal Rapper bianchi, di rehab disintossicanti e suicidi beat fuorimoda, di remise en forme dell’Aforisma, e della capacità del gatto da adottare di abbinare un Rosso a un pesce Persico, di tanti modi di nascere e rinascere quanti sono i grumi germogliati di Quinoa rappresa nel mio vomito, di fallimenti psichiatrici dispersi nella burocrazia dei contratti strappati, di crisi scientificamente dimostrabile dal boom di libri venduti, di falsegrasse, di occhioni pestiferi di bimbi dell’amica punk che punteggiano a intervalli regolari l’interfaccia Facebook minimalizzata a regola d’arte, di menti geniali vendute a la7 per soldi che servirebbero a me per pagarmi un migliaio di copie da disperdere da un elicottero in Versilia a giugno, di stalker con tre lauree in tasca, io chiedo aiuto a babboemmammaesorella che non ti tradiscono mai e aiutatemichecazzo.

Ho promesso il decoro.

Voi siete dei fottutissimi bastardi, compresi gli psichiatri dei vostri psichiatri, però vi scontrate con un gran pezzo di stronza. Nell’insieme facciamo una cerchia di persone per benino. L’occasione fa l’uomo ladro. La donna poi. Smettetela di invitarmi a giocare. Devo ancora imparare a gattonare.

Appunti 2

Ho perso il talento, la voglia, la costanza, quella non ci è nemmeno mai stata. Mi sono incartapecorita, vorrei avere il potere di manipolare davvero i pensieri delle persone, per le azioni ci riesco benissimo. Riesco a far piangere le bambine, sono l’uomonero della palazzina. Inauguro una nuova malattia invalidante, essere troppo intelligente, troppo acuta, sono una che vede troppo, che capisce troppo, che sa tutto, che sa molto più di voi. E per la giustizia dell’universo, non è un vanto, ma mi cadono spesso le cose dalle mani. Via vo dalla strizzacervelli, e poi c’ho il bobo a pranzo, e poi vado a farmi i capelli, rientro per qualche ora nella vostra misera realtà, ma tutto ciò non mi basta. L’unica cosa di cui ho bisogno è di sentirmi una campionessa.

Make up: FAIL.

Sentimentalismi. Patemi. Controversie. Litigi. Furia. Giustificazioni. Spiegazioni. Incomprensioni. Viramenti e giramenti di coglioni. Scopate utilitarie. Ponti e comunicazioni chiusi con l’unica persona a cui avrei potuto affidare l’unica decisione importante che dobbiamo prendere nelle nostre vite, quella dell’eutanasia. Riunioni di condominio in cui vedi solo volti nemici. Bambine che hanno paura quando scavalchi il balcone e per mezzo busto sei già di sotto, e per una scarpa legata troppo stretta ti tira su un carabiniere che si formalizza su 50 euro sgraffignati a una mamma la cui insonnia non può durare una settimana consecutiva senza perdere qualche rotella e temere paranoicamente anche il vero e proprio omicidio. Sceneggiate. Coltelli puntati minacce e poi retroversione della direzione verso la propria pancia. Fiumi di cui deprechi il fango che ti macchierà la canotta Liu Jo e impregnerà la baguette di pelle ma almeno arriverai fragile e un piccolo uccellino oleoso e avrai di che vantarti coi tuoi compagni di coercizione al manicomio. Cosa vale una vita. Ci risiamo. Fino a domani la foto del nonno accanto a una candela alla vaniglia scandirà le mie ultime ore di piagnistei prima del giorno del RISCATTO. 5 novembre. Tutte cose che mi impediscono di fare una stracazzutissima sana abbuffata. Gli unici punti fermi che mi rimanevano erano un MacbookPro, un Iphone, un Ipad, un ICazzodiggomma. Tutto il resto vibra.

Per i titoli solo canzoni

M’è scappato il gatto per due minuti per le scale, mentre passavo da uno spiraglio di porta con un sacchetto della spesa, e questa è una cosa grave, non ditelo alla mamma, perché metti che lo perdo io non sono Murakami che mi ritrovo in un mondo fittizio nell’antincendio e riacciuffo il gatto in una dimensione parallela con uccellino in pancia che profetizza e una bella geisha coperta solo da velluto blu e una coppa di champagne sul comodino, ma se anche mi succedesse non potrei offrirglielo chiedendole di farmi perdonare perché è astemia e nemmeno lesbica, nonostante abbia lasciato mio padre per le Amiche e -soprattutto- perché lui aveva perso tutti i suoi ideali. Che devo dire io, che senza ideali ci sono nata. E del finale cosa nel pensi? Questo racconto che sto per scrivere è fulminante, parla di un gatto, del fatto che quando ripieghi i pantaloni neri nell’armdio l’accendinoe del fatto che un applauso di LadyGaga mi cambia davvero, ci spaventa ed eccita al tempo stesso e se lei dichiara di mangiare insalata sognando cheeseburger a me spesso succede il contrario, si finisce sempre per scrivere di gatti, e del fatto che il tuo (t)umore è spesso non sintonizzato con quello degli altri, e che questa cosa non si capisce mai, e per questo si litiga, chiedetelo ai premi nobel, nell’adrenalina d’aver visto Truman Capote avere un intero romanzo-cronaca in testa per quattro anni lasciando un uomo morire per la gloria della verità, infine un romanzo ne verrà fuori, questo è quasi una certezza, passassero anche otto di anni, alla fine uno scrittore è considerato un giovane fino ai 50, e Pope ha preso la penna in mano verso i sessanta, dopo aver passato una vita a prendersi in mano chissà cos’altro, parlo a ben credere di topicidi, ma la verità, è quella che forse affonda da secoli senza venire a galla perché quando ti stonfa in faccia non hai davvero più tempo per scrivere, piuttosto lo impieghi a giustificarti, a difenderti, e quello che ti rimane nella vita, forse, è davvero un gatto, un accendino che ritrovi per caso sul pavimento che quando lo vedi rientrare da solo e sei già in pigiama senza tasche, te la salva.

(ps oggi è la giornata dei ricordi, la storia infinita su la7 e mando un messaggino all’uomo dei miei 20anni che se non è morto, e non vorrei fare una gaffes, è sparito fagocitato nel fermento letterario accademico che al risveglio mi da la nausea, che non so se sia peggio, il vento di di mary poppins che smuove le foglie per quanto non possa appiccicartele sulla fronte come un post-it, la corsa dietro le cabine del bagno Firenze, hai imparato presto a imbrogliare bambina, la pappina di semolino fatta col burro a cui nemmeno una fanatica della dieta può resistere, la sostanza sotto le labbra che un gelato di limone non ti può dare, la sensazione che una frase di un film possa orientare il tuo pensiero fino a raggiungere gli oracoli che ti mettono così di fronte a te stessa, sogni per cui se non hai una musa ispiratrice non ci campi, e io non voglio fare la nicchia, io voglio il meglio, il successo da scalata in classifica, il successo per cui l’uomo per cui sbavo potrebbe meditare, e trasferirsi, lui che mi porta solo nel meglio del meglio della periferia, perché mi vede con una borsa da ottocento euro a borchia, la fiorentina che vince…robe da passato preistorico, cose che hanno un senso più di un secchio da risciacquare, appartamenti che mi aspettano, gelati che mi aspettano da ere, mamme che hanno un tempo contato, mamme greche che alzano il sopracciglio nel sapere di me, come i miei passi dietro le cabine, innumerabil, disonesti e palesi, schizofrenici. Qando è morta la nonna è morto anche il cane. Cantieri in corso per vite salvate per cui uno almeno non muore solo come un cane, ma con un gatto)